LA guerra in Ucraina, o contro l’Ucraina, pone alcuni interrogativi. Intanto, non tutti i fatti (e gli antefatti) erano e sono chiari, nel senso del loro svilupparsi in un contesto storico anche abbastanza limitato temporalmente. Diciamo il 2021.
E’ cronaca di questi giorni, infatti, che il Prof. Alessandro Orsini (Docente di Sociologia del terrorismo internazionale alla Luiss) abbia proferito la seguente affermazione nel corso di una nota trasmissione televisiva del canale La7: “Il mio ragionamento non si capisce se non passano alcune informazioni: la NATO ha fatto in Ucraina tre gigantesche esercitazioni militari con scenari di guerra nel 2021. Quando hanno fatto l’esercitazione nel settembre 2021, Putin stava sparando su delle navi NATO e ha detto ‘fermatevi, perché state portando questa situazione ad un punto di collasso’. Mi domando, dov’era la Von der Leyen?”. Qui di seguito uno stralcio della trasmissione per chi volesse approfondire e saggiare anche il contegno emotivo del provato docente.
Ricordiamo che le sue affermazioni, ovvero la mera enunciazione di fatti storici, gli è costata molto sul piano professionale, avendo subìto un provvedimento disciplinare dalla sua facoltà.
Per la cronaca le tre operazioni militari in questione, nell’ordine, sono: nel giugno del 2021, ‘Brezza marina’; nel luglio del 2021, ‘Tre spade’; nel settembre del 2021, ‘Tridente rapido’. Decisamente rilevante il dispiegamento di forze e rilevante la risposta russa: Putin stava per ordinare un attacco militare contro una nave inglese. Non ci catapulteremo sopra tali dati di cronaca, come pure è stato fatto da molte testate, in maniera cruda, solo per diffonderne e sottolinearne la pur innegabile importanza, ma per ragionare sul tema della verità. Che della guerra è sempre vittima, ma non nel senso vagamente moralistico comunemente in voga.
In prima battuta va chiarito che le maggiori testate giornalistiche, in primis CorSera e la Repubblica, si sono rincorse nell’affermare che non sarebbe esistita alcuna correlazione tra l’allargamento della NATO ad est e l’attacco militare del presidente russo Vladimir Putin. Questa è, infatti, la motivazione dichiarata alla base dell’invasione dell’Ucraina.

In questo senso si è scatenato un dibattito potenzialmente imbarazzante dopo l’esibizione di una cartina, da parte del giornalista di Rai 1 Marc Innaro (la cui presenza su Rai 1 si sarebbe molto diradata successivamente, come giustamente notato da il Fatto Quotidiano), a riprova dell’avanzamento della NATO dopo la dissoluzione della confederazione sovietica.
Oggetto del contendere, in particolar modo, la promessa non scritta che avrebbe ricevuto il Cremlino, che la medesima NATO non si sarebbe mai portata a ridosso della Russia. Cosa, poi, ampiamente verificatasi. Tuttavia, come spesso accade, il dibattito italiano si è polarizzato tra chi, da una parte (CorSera, Repubblica, Rai 1 su tutti) ritengono la promessa storicamente infondata e chi, (il Fatto Quotidiano, la Verità ecc…) la ritiene più che attendibile.

E’ molto utile, quindi, soffermarsi brevemente su una corretta ricostruzione dei fatti storici (il mondo è costituito da fatti, osservava il filosofo Wittgenstein), e riteniamo in questo senso particolarmente ben fatta la ricostruzione operata, il 15 febbraio scorso, dal “Der Spiegel”, autorevole foglio tedesco, con il politologo ed editorialista Klaus Wiegrefe.
Nel paragrafo della ricostruzione storica denominato “Categorical Assurances”, ovvero “Assicurazioni categoriche”, Wiegrefe sottolinea che Roland Dumas, ministro degli esteri francese nel ’90, ha riferito di un impegno esplicito che le truppe NATO non sarebbero mai avanzate sino ai paesi dell’ex formazioni dell’Unione Sovietica. Tuttavia, il segretario di stato USA pro tempore, James Baker, ha poi negato la circostanza “that any such promise was ever made”, ovvero che “tale promessa fosse stata fatta”. Stranamente, però, l’ambasciatore USA a Mosca pro tempore, Jack Matlock, ha invece parlato di “categorical assurances”, di “assicurazioni categoriche” in questo senso, in scia al ministro francese.
In un’altra strana contraddizione è caduto anche l’ex presidente dell’URSS Michael Gorbaciov, che in una circostanza ha dichiarato come gli fosse stato espressamente assicurato dal cancelliere tedesco Helmut Kohl e dagli americani che la NATO “”will not move one centimeter further east”, ovvero che “la Nato non si muoverà di un centimetro verso est”. Ma in un’altra circostanza lo stesso presidente avrebbe dichiarato che, testualmente, “the topic of NATO expansion was never discussed“, ovvero che l’argomento NATO non era mai stato discusso, ma che l’Occidente aveva violato lo spirito degli “agreements”, degli accordi presi.

Tuttavia, a dirimere la controversia ci vengono in soccorso, come afferma il Der Spiegel, dei “documents available from the various countries that took part in the talks, including memos from conversations, negotiation transcripts and reports”, testualmente “documenti disponibili dai vari paesi che hanno preso parte alle trattative, inclusi memo di conversazioni, negoziazioni trascritte e report”. Da tali documenti emerge chiaramente che U.S.A., UK e Germania avevano assicurato al Cremlino che paesi come Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca erano fuori questione (ovvero non sarebbero mai entrati nella NATO). Il primo ministro inglese John Major nel ’91, in visita a Mosca, affermò testualmente che “nothing of the sort will happen”, in sostanza che quanto riferito sopra non accadrà mai.
Più chiaro di così.
Ma Yeltsin, presidente russo, nel’97 si trovò davanti all’espansione della NATO, da lui approvata, ma solo perché l’Occidente “forced to him”, lo aveva forzato.

Clinton, Kohl, e altri, spesero anni a rigettare la richiesta di ingresso nella NATO di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, ritenute democrazie fragili e comunque l’allargamento a Est era troppo costoso.
La questione cambiò quando i Repubblicani (Clinton era democratico) ritennero di poter prevalere su Clinton, puntando ad accaparrarsi il consenso di molti elettori con radici nell’Est Europa che vivevano negli stati cruciali per l’elezione del presidente USA nel Midwest, i cosiddetti “Swing States”.
Solo per paura di essere detronizzato Clinton allargò la NATO.
Hans-Dietrich Genscher, influente Ministro degli Interni tedesco dal ’74 al ’92, affermò che l’espansione della NATO, benché legale, “that it was counter to the spirit of the understandings reached in 1990”, “fosse contro lo spirito delle intese raggiunte nel ‘90”.
In sostanza era impossibile negare che gli impegni presi fossero decisamente contrari ad un allargamento, nonostante non ci fossero trattati firmati in tal senso.
Questi i fatti, come autorevolmente ricostruiti dal Der Spiegel, lontano dalle latitudini italiche, dove la stampa è troppo polarizzata. Segnale, questo, di una libertà e di una autonomia di pensiero sin troppo limitata per ragioni che nelle pagine di ControPotere sono state correttamente inquadrate da Oreste Tarantino e da altri collaboratori.
Come affermava Hans Kelsen, insigne filosofo, il diritto internazionale oltre che basato sulle consuetudini (pacta sunt servanda, dal latino “i patti vanno osservati”) è una sorta di diritto primitivo, sul quale i rapporti di forza hanno una massiccia preponderanza.
Gli USA e compagnia, nel 2021, con le loro esercitazioni hanno provato a saggiare la risposta russa a spese degli ucraini, poi aiutati solo con sanzioni economiche controproducenti e qualche pacco di pasta.
Si rifletta sul fatto che il filosofo tedesco Heidegger ha ricordato che pax, pace in latino, deriva da “pango” (ficcare, conficcare, affondare). La pace veniva raggiunta dall’impero romano fissando, con trattati, la vittoria militare.

La storia rivela che gli americani hanno inteso (e applicato) in senso strettamente etimologico i concetti di pace e di diritto (nella fatti specie, quello internazionale). Un etimo, rispettivamente, di offesa e di comando.
L’obiettivo della pace veniva raggiunto attraverso il falsum, dalla radice greca σφάλλω (sfallo) “far cadere”, ben diverso dallo ψεῦδος (pseudos) greco, che ha il senso di velato.
Strumento del falsum è l’imperium, il comando, fondamento essenziale dello iustum (giusto). Alla base, etimologicamente, dello iustum c’è il termine iubeo (comando).
La giustizia è una emanazione, quindi, della forza, e la politica (la democrazia) intesa in senso greco, nobilmente, viene in realtà letta ed interpretata concretamente con ottica imperiale romana.
Lo ius, il diritto (internazionale in special modo), la legge, si configura ontologicamente come una struttura creata dalla forza.