di ORESTE TARANTINO
Non ho idea di quante città abbiano Sant’Ippolito per Patrono. Oltre Gioia Tauro, abbiamo un comune di Sant’Ippolito nella provincia di Pesaro Urbino; inoltre è venerato a Fiumicino, la città dell’aeroporto e pertanto ci sta che il santo protettore dei forestieri sia di casa nel posto che accoglie più voli internazionali d’Italia.
Quando Bergoglio ha scelto come nome pontificale quello di “Francesco”, un brivido lungo la schiena è corso un po’ a tutti. Secondo me lo ha fatto a casaccio, un po’ ignorantemente, non aveva idea cosa comportasse un nome così. Avrà pensato: “sarò il primo, che tutti gli altri non lo abbiano mai assunto perché non ci hanno mai pensato?”

Tra i nomi più in voga nei i Papi, i gettonati sono: Giovanni, Benedetto, Pio, Gregorio, Leone, Clemente… Eppure di Papi egocentrici, pieni di sé, addirittura blasfemi e violenti ne abbiamo avuti, ma mai nessuno ha avuto l’ambizione, ancor più che sfacciataggine, di accostarsi a Francesco d’Assisi.
Troppo perfetto, pesante, ingombrante, troppo grande per essere preso ad esempio da chiunque, ribattezzato per la sua Santità come l’Alter Cristi (l’altro Cristo).
Si, il poverello di Assisi (che peraltro era nato ricchissimo come un Papa) per essere preso ad esempio come aspirazione e carisma, ci vuole una grande faccia tosta e sapere che nessuno avrà da ridire.
Francesco avrebbe donato tutti i beni della chiesa ai poveri. Tutti!
Bergoglio l’ha fatto? No, anzi…
Tra le cose che Joseph Ratzinger fece, appena eletto Papa, fu di rimuovere molti cardinali dalle posizioni di controllo economico e di trasferire, molti di questi compiti, a religiosi che avevano fatto voto di povertà: frati e monache su tutti.

E’ evidente che la cosa non piacque agli alti prelati che reagirono. Il tedesco non era certo il tipo che si faceva intimidire: teologo di altissimo rango e superlativa preparazione, Ratzinger contava soprattutto sull’appoggio di tanta parte nobile e attenta ai valori tradizionali della chiesa Quando sul fratello si adombrò pesante l’ombra di un’accusa di pedofilia, la cosa non parve pesargli più di tanto.
Poi nel febbraio 2013, Papa Benedetto XVI si è dimesso improvvisamente per motivi di salute, anche se ancora è vivo, vegeto e lucidissimo.
Pochi sanno che in quel periodo, invece, lo IOR (la banca vaticana) era stato escluso dal circuito SWIFT, ovvero tutti i pagamenti e le transazioni finanziarie del Vaticano erano resi impossibili.
Qualcuno ha cercato di piazzare la notizia di una fake news, secondo la quale i problemi che senza dubbio ci furono in quel periodo, erano stati generati solo dal fatto che, poichè lo IOR era subalterno all’operatività della Deutsche Bank nel sistema SWIFT, avendo avuto la Banca Tedesca problemi di connessione, coinvolse nel black out anche lo IOR, e che solo per coincidenza la cosa si sistemò dopo la notizia delle dimissioni del Papa in carica.

SWIFT (l’acronimo sta per Società per le Telecomunicazioni Finanziarie Interbancarie) è il centro del circuito mondiale con sede in Belgio, che unisce le banche di tutti i paesi del mondo. Di fatto, è il più capillare centro di gestione globalista della finanza, microscopio di spionaggio economico e politico, ossia il meccanismo più temibile con cui il la finanza globale stronca le gambe agli Stati che non obbediscono.
Il sito belga Media-Presse ha spiegato alcune cose interessanti quando la Russia e la Cina annunciarono la creazione di uno SWIFT parallelo per bypassare le restrizioni e le sanzioni occidentali:
“Quando una banca o un territorio è escluso dal Sistema, come nel caso dl Vaticano nei giorni che precedettero le dimissioni d Benedetto XVI nel febbraio 2013, tutte le transazioni sono bloccate. Senza aspettare l’elezione di papa Bergoglio, il sistema Swift è stato sbloccato all’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI.” E ancora…: “C’è stato un ricatto, per il tramite di Swift, esercitato su Benedetto XVI. Le ragioni profonde di questa storia non sono state chiarite, ma è chiaro che SWIFT è intervenuto direttamente nella direzione degli affari della Chiesa”.
Ciò spiega meglio le rocambolesche dimissioni di Ratzinger. La Chiesa era trattata come uno stato “terrorista”, anzi peggio, perché si noti che la dozzina di banche cadute nelle mani dello Stato Islamico in Irak e Siria “non sono state escluse da SWIFT” e hanno continuato a poter fare transazioni internazionali, mentre la finanza vaticana non poteva più pagare le nunziature, far giungere mezzi alle missioni, anzi, gli stessi bancomat di Città del Vaticano erano, di fatto stati, bloccati.
Insomma, la Chiesa di Benedetto aveva le ore contate e il Papa fu costretto a dimettersi. Appena un momento dopo la notizia della sua fuoriuscita SWIFT sblocca le transazioni vaticane, riapre i bancomat, riporta lo IOR all’operatività garantendo i pagamenti internazionali. Non hanno aspettato che venisse eletto un nuovo Papa, gli è bastata l’estromissione dell’intralcio ai loro affari.
Cose di potere, dunque, che non ci scandalizzano e a cui siamo abituati. Non solo: finanche la questione del cardinale Becciu e i soldi delle elemosine finiti nel portafoglio dell’amante per centinaia di migliaia di euro, ci hanno lasciati indifferenti o addirittura fatto sorridere. Per cui non sarò io a scandalizzarmi per primo.

Tuttavia mi sento di consigliare a Bergoglio (visto che ormai i Papi possono fare tutto e andare oltre il protocollo), di cambiare il nome pontificale da Francesco a Ippolito.
Si tratterebbe certamente di una novità assoluta, cosa di cui siamo abituati ormai, ma che avrebbe un senso logico. Innanzitutto restituire al nome Francesco un’inviolabilità indiscutibile che diventerebbe monito per il futuro. Bergoglio dovrebbe dire: “mi sono sbagliato, non vi permettete più nessuno, nessuno è in grado, nessuno può aspirare alla Cristianità di Francesco. Insomma, scusatemi ma cambio nome in Ippolito”. Inoltre il nome Ippolito sarebbe il primo, quindi il vezzo di inaugurare una serie nazional popolare verrebbe garantito.
E poi la storia di Ippolito che vagamente, anzi più che vagamente, ci somiglia parecchio…. Buona lettura.
da Wikipedia: “Dalla documentazione archeologica e documentaria si evince l’esistenza di un Ippolito vescovo e scrittore (Ippolito Romano) e di un Ippolito martire romano, la cui statua tombale venne rinvenuta mutilata nel 1551 lungo la via Tiburtina, nei pressi di Roma, dove la tradizione poneva la tomba del martire. Presumibilmente si tratta della stessa persona.
Sulla sua persona ci sono pervenute scarse informazioni, spesso in contrasto tra loro. Dalle notizie tramandate da Eusebio di Cesarea, san Girolamo, papa Damasio I e Prudenzio, si desume che nacque probabilmente in Asia Minore, dove dovette studiare teologia, esegetica e retorica; divenuto un esponente importante della Chiesa, giunse come prete a Roma sotto il pontificato di papa Zefirino (199 – 217).
Secondo alcuni studiosi tedeschi, Ippolito sarebbe stato un vescovo avverso a papa Zefirino ed al futuro pontefice Callisto (217-222).

Lo Scisma
Il durissimo confronto tra Callisto ed Ippolito raggiunse l’apice trasformandosi in scisma quando il primo divenne papa (217). Immediatamente Ippolito lasciò la comunione della Chiesa di Roma e fu eletto antipapa da una ristretta schiera di seguaci da lui chiamati “Chiesa”, in contrasto con la maggioranza dei romani da lui chiamati “Scuola di Callisto”. Il santo accusava Callisto di essere caduto nell’eresia di Teodato prima e di Sabellio poi. Inoltre lo accusava di lassismo morale nei confronti di peccati gravi quali l’adulterio e l’omicidio. Inoltre, Ippolito riferisce che Callisto lo accusava, ingiustamente, di Diteismo (forma di teismo che crede in due grandi dèi al posto del solo Dio). Ippolito continuò la sua opposizione alla Chiesa di Roma come antipapa anche durante i pontificati dei due successori di Callisto: Urbano I e Ponziano.
Martire
In seguito, i capi delle due Chiese vennero esiliati da Massimino i Trace in Sardegna. Secondo la tradizione cattolica lo scisma rientrò nel momento in cui Ippolito incontrò Ponziano (secondo successore di Callisto) sull’isola. Essi, riconciliatisi, invitarono i rispettivi seguaci a fare altrettanto. Intorno al 235, la morte li colse entrambi nell’isola e nel 236 o 237 le salme dei due martiri raggiunsero Roma.
Il corpo di Ippolito fu poi sepolto nel Campo Verano, sulla Via Tiburtina e, sul luogo della sua sepoltura, sarebbe stata eretta la statua ritrovata solo nel 1551 e conservata nel Museo Lateranense.