di ENZA DELL’ACQUA
É con grande orgoglio e un pizzico di prosopopea che il sindaco di Nicotera, Giuseppe Marasco, sfoggia una foto sul suo profilo social in cui si fa vedere insieme a Carmine Zappia, l’imprenditore coraggioso vessato da due esponenti del clan Mancuso, il boss Antonio Mancuso, e il nipote Alfonso Cicerone. I due, nei loro propositi criminali, erano coadiuvati da altri soggetti, finiti adesso nel registro degli indagati.

Il sindaco Marasco e la sua amministrazione invitano i cittadini ad unirsi a loro in questo evento. “Finalmente cambia la storia”, scrive il primo cittadino nel suo profilo facebook. E aggiunge: “Invito tutti i cittadini di Nicotera ad essere partecipi presenziando con l’amministrazione comunale a questo evento di portata storica per il nostro paese”. Un evento di portata storica, dunque. Ma lo è davvero?
Potremmo definirlo un evento di portata storica qualora l’amministrazione fosse tutta coesa, nel senso che ogni singolo esponente dell’amministrazione avesse fatto una precisa scelta di campo. Le cose cambiano veramente quando un’amministrazione professa senza timidezze da che parte sta e quando, soprattutto, è disposta a tagliare i ponti con persone legate alla consorteria mafiosa che sovrasta il territorio. Nel caso del coraggioso imprenditore Carmine Zappia, ogni membro dell’amministrazione Marasco dovrebbe marcare le distanze da persone legate, per via di stretti vincoli parentali, con chi a Zappia lo ha vessato, minacciato, stritolato, rovinato. Non si può celebrare Carmine Zappia, non si può usare la sua immagine e la sua storia, per professarsi servitori della legalità, e nel contempo avere delle serpi in seno, non accorgersi dei bacetti, dei like, delle dolci effusioni e degli auguri che l’assessore ai Lavori Pubblici, Marco Vecchio, e la moglie, Barbara Campennì, si scambiano, DOPO L’ARRESTO AVVENUTO NEL 2019, con la consorte di Alfonso Cicerone, nel profilo che appartiene al Cicerone stesso e alla di lui moglie. Cicerone, si precisa, è, secondo gli inquirenti, il numero due del piano criminale organizzato contro Carmine Zappia. Dalle effusioni scambiate tra le parti, affermare che tra di esse esistano rapporti quanto meno cordiali e affettuosi non è azzardato. Inoltre, ostentarle in pubblico alla larga platea degli internauti, è un atto in netta contraddizione con quello dell’amministrazione di costituirsi parte civile. Un comportamento che può ingenerare confusione in tutta la popolazione, in specie nelle fasce più giovani, a causa delle divaricazione che esiste tra i principi predicati e quelli messi in pratica.
La legalità è una cosa seria. Non è fatta di discorsi da leggere nelle parate pubbliche o foto sorridenti con una vittima di mafia, un testimone di giustizia, sfoggiato come una star dell’antimafia.

Non è una foto sui social e duecento like che rimettono tutti i peccati. Legalità è coerenza. Scelta consapevole. Non è mai con un piede dentro e uno fuori. Legalità è coraggio, lucida predilezione per precisi valori di giustizia e rispetto delle leggi, sia scritte che non scritte.
Non è infatti un reato il fatto che l’assessore e la moglie dedichino dei cuoricini affettuosi alla consorte del Cicerone, è semplicemente un segno chiaro e netto che quella scelta di campo non è stata fatta e che l’ambiguità è la cifra che denota la condotta dell’amministratore in questione. Per dirla in modo più pacato è quella che si può definire ragione di opportunità. Tuttavia, come la si voglia qualificare, è un qualcosa imbarazza tutti i cittadini perbene.

E determinate scelte, quando vuoi essere amministratore di una città con un consiglio comunale tre volte sciolto per mafia, sono obbligatorie. Certe ambiguità non possono essere ammesse. Che senso ha, infatti, l’elegia del sindaco nei confronti di un testimone di giustizia se un suo fidato amministratore stringe l’occhiolino a soggetti vicinissimi a chi Zappia l’ha messo in croce? In tal senso, viene svilita anche la scelta del Comune di costituirsi parte civile nel processo contro gli aguzzini di Carmine. C’è una schizofrenia dell’agire, del pensare, dell’interpretare la legalità che ammanta tutto di ambiguità. L’immagine di Nicotera ne esce ancora una volta caliginosa. Tali rapporti equivoci pubblicamente espressi, infatti, evocano un certo consenso sociale conferito da parte di un rappresentante delle istituzioni a persone che ruotano intorno a un sistema criminale dal quale non si sono mai dissociate.
Sarebbe importante e davvero “storico” per Nicotera se oggi Giuseppe Marasco nel suo discorso si dissociasse dalla condotta del suo amministratore. Se invece prevalesse la regola del silenzio, questo evento non avrebbe niente di storico per la collettività. E l’unico vero eroe solitario resterebbe Carmine Zappia, che oltre al resto deve anche guardare in faccia l’ipocrisia.
n.b. Di screenshot, come quello presentato qui, ce ne sono tantissimi altri, più o meno dello stesso tenore.