Giovanni Falcone era sott’assedio. Dalla mafia ne siamo convinti, ma certamente anche da quella classe di acculturati politicuzzi e giornalisti che lo accusavano di non prendere posizione chiara e netta contro la vecchia classe politica da smantellare. Quello che, invece, era molto in voga in quel periodo tra i magistrati progressisti di tutta Italia.
Gli approfondimenti giornalistici erano tutti concentrati su una cosa: annientare i partiti politici che detenevano il potere e qualunque argomento andava bene.

La mafia siciliana (Cosa Nostra) era il leitmotiv di ogni trasmissione e Giovanni Falcone era l’ospite più conteso. Lo volevano tutti per accusarlo di essere un protettore dei grandi colletti bianchi che si nascondevano nella vecchia classe politica della DC. Infatti, proprio recentemente, Antonio Di Pietro ha ammesso, senza troppi giri di parole, come il suo bersaglio principale fosse Giulio Andreotti.
Arcinota è la puntata di una strana trasmissione, fatta assieme da Santoro e Costanzo, dove l’attuale sindaco di Palermo Leoluca Orlando Cascio, lo accusava di tenere le prove del coinvolgimento mafioso dei suoi avversari politici nel cassetto. La solita maleducata arroganza quella del segretario dell’allora Rete che, solo qualche mese dopo, quelle infamie se le sarebbe dovute rimangiare una per una.
Il 9 gennaio del 1992, un ironico Sandro Viola alla fine di un’editoriale durissimo, pubblicato dal principale organo manganellatore morale del Giudice – Repubblica -, criticava, a mò di sfottò, persino la stampa di un libro – Cose di Cosa nostra – scritto da Falcone alla fine del 1991 insieme a Marcelle Padovani: “A Falcone non saranno necessarie, ma a me servirebbero, invece, due o tre particolari illuminazioni: così da capire, o avvicinarmi a capire, come mai un valoroso magistrato desideri essere un mediocre pubblicista”.

Tre giorni dopo, il 12 gennaio, uno sprezzante radical chic: Corrado Augias durante una puntata di Telefono Giallo, sentenzia col solito piglio del tenutario della verità assoluta: “Noi abbiamo imparato a conoscerla quando viveva barricato laggiù e forse l’abbiamo un po’ mitizzata. Adesso che sta al ministero e che scrive editoriali sulla Stampa, le sue posizioni sembrano più morbide, più sfumate. Non vorrei dire che ci ha un po’ deluso negli ultimi tempi, ma sicuramente è cambiato: lei lo sa? Ne è consapevole?”
In vita era la sinistra che offendeva, sviliva, disprezzava Falcone, e lo faceva senza imbarazzo, senza alcun timore reverenziale, quasi sfacciatamente. C’era una guerra da combattere, c’erano gli avversari politici da distruggere e chi non stava con loro stava contro di loro, e Giovanni Falcone non faceva eccezioni. Attacchi e accuse che rarissimamente arrivavano da destra, e solo da personaggiucoli di secondo piano, vi sfido a cercarli.
Oggi, gli stessi sciacalli che in vita offendevano l’onore di Falcone, rispolverano la classica strategia dell’infamia a grappolo per accusare gli avversari vincenti nei sondaggi: se non sei del PD, se sei un sovranista, se non stai dalla parte dell’Europa, allora sei un razzi/fascista complice della mafia stragista che ha ucciso Falcone e Borsellino.
Per carità, noi un po’ cresciutelli e sgamati sappiamo benissimo dell’immoralità della classe politica di ogni ordine e grado, di destra e di sinistra, e non facciamo nessun tifo e sconti a nessuno. Quando si siederanno in quelle corrotte poltrone si comporteranno tutti allo stesso modo, statene certi.
E’ che oggi mancano i visionari, i visionari positivi nel senso inglese del termine. Invece siamo assillati dai nemici di Falcone, attivissimi contro di Lui quando il giudice era vivo, scomparsi vigliaccamente dopo il botto di Capaci e oggi diventati i tenutari morali del suo lavoro. Insomma i soliti eredi naturali del perbenismo di facciata a coerenza zero, quelli che, parafrasando Guccini, stanno “sempre dalla parte della ragione e mai del torto”.

Il 12 gennaio di dichiarò “deluso” da Giovanni Falcone.
Oreste Tarantino