Gentile Direttore,
Le scrivo per raccontarLe un’esperienza drammatica fortunatamente finita bene.
Attorno alle 13 di oggi ritorno a casa e, come spesso mi accade, accendo il fuoco. Mi servo di un camino in cucina da una vita, fonte di calore fisico e morale.
Venti minuti circa e il fumo comincia ad uscire copioso e soffocante, la canna fumaria ad emettere un rumore cupo e sinistro. Si sono sviluppate al suo interno le fiamme e il fuoco vuole spazio, vuole uscire.
La canna di laterizi, al piano superiore, si crepa, le fiamme sono visibili. Alle 13:26 chiamo i vigili del Fuoco. Mi risponde un signore molto gentile, da Vibo Valentia credo.
Mi dà istruzioni: «Tolga la legna dal camino subito e copra l’apertura con una coperta in modo da togliere ossigeno al fuoco.» Lo faccio, mia madre è arrivata nel frattempo, corre a prendere il tutto.
Vado a controllare al primo piano e il fumo si è preso il piano superiore in corso di costruzione, menomale che lo è, e il fuoco si vede dalle crepe della canna, annerita. Comincia a liberare fuliggine a terra.
Richiamo i Vigili alle 13:38 per capire cosa stia accadendo: «Non si preoccupi -mi risponde la voce gentile e anonima- stanno arrivando da Ricadi, ci vogliono almeno venti minuti.» Ho paura non solo del fuoco, ma che mia madre possa sentirsi male.
Mille i problemi che non sto ad enumerare.
I minuti passano, richiamo alle 13:53 esatte e vengo rassicurato ancora.
Che fare? Chiamare i Carabinieri forse. Non so.
Mentre pensieri simili si affastellano nella mente, la occupano come le fiamme, sento in lontananza una sirena. Mia madre mi avverte anche lei. Nel frattempo un caro amico è accorso. Liberiamo assieme i pressi della canna fumaria da qualunque cosa possa fare da innesco al fuoco. Ho fatto, abbiamo fatto, tutto ciò che si poteva.
Giungono i vigili, mezz’ora circa, ma meglio, oggettivamente, da Ricadi non si poteva fare. Il comandante mi informa che “un mezzo carico d’acqua rischia di ribaltarsi oltre una certa velocità.”
In quel frangente le fiamme cominciano a perdere di intensità.
I mezzi dei Vigili sono due, non saprei descriverli meglio se non dicendole che uno era una sorta di grosso camion (la cisterna presumo) e l’altro un furgone attrezzato.
Gentilissimi e solerti, ben cinque, i Vigili del Fuoco si portano alla bocca del camino e al piano superiore ancor prima. Il comandante, figura calma e rassicurante, almeno così mi è apparsa, controlla la situazione, non è preoccupato ma è attento.
Decide, alla fine, di farsi porgere una lancia per nebulizzare l’acqua all’interno della canna, oramai irrimediabilmente crepata. Andrà sostituita, ma è il meno.
Tutto è andato bene. Non posso che ringraziare chi è intervenuto, con il ricordo, fisso nella memoria, di una casa andata in fumo con un incidente simile a poche centinaia di metri da casa mia, qualche anno fa. Ho assistito e raccontato i fatti in prima persona nella veste di giornalista.
Questo il breve racconto dei fatti, che porgo coi miei poveri mezzi, stavolta dalla parte di chi li ha vissuti, fortunatamente con esiti infinitamente più lievi.
E le chiedo, e mi chiedo: se una scintilla, un tizzone, fosse entrato in contatto con un qualunque oggetto infiammabile, cosa sarebbe potuto accadere in mezz’ora?
Starei qui non a raccontare, forse…
Comunque, non ho fatto la scelta di vivere in un luogo isolato dal mondo, ma a Nicotera, un centro costiero del vibonese che dovrebbe fare da capofila ad un comprensorio innervato da comuni importanti: Limbadi, Joppolo, ma anche San Calogero, Rombiolo e mi scuso se ne ometto qualcuno.
Eppure, una postazione dei Vigili del Fuoco a Nicotera non c’è, nonostante vi sia un immobile a ciò preposto a poche centinaia di metri da casa mia, a Badia di Nicotera.
Direttore, a me è andata bene. Qualcun altro racconta, sventurato, cose diverse. In futuro non so, ma spero che nessuno senta neanche la paura delle fiamme, e la paura conseguente che nessuno possa venire a spegnerle in tempo. Nel ringraziarLa per l’attenzione porgo
Cordiali saluti Francesco Tripaldi

QUESTA lettera racconta la cronaca di un pomeriggio drammatico, vissuto dal nostro lettore, giornalista e avvocato Francesco Tripaldi. Un normale pomeriggio in cui un gesto abituale, come l’accensione del caminetto di casa, poteva sfociare in una tragedia. Le fiamme e il fumo dalla canna fumaria, trasformatasi in un canale infernale, stavano per propagarsi dentro casa, con i tremendi effetti che si possono immaginare.
Grazie alla prontezza di riflessi dell’avvocato Tripaldi le cose non sono degenerate, ma sono stati momenti concitati in cui la paura di essere sovrastati da una tragedia era pregnante come il denso fumo che occupava la casa. Più di una le chiamate ai Vigili del Fuoco che, partendo da Ricadi, dove vi è una sede distaccata, non potevano giungere sul posto prima 30, o 40 minuti.

E qui entriamo nel vivo della questione, ovvero la distanza che i pompieri devono compiere per giungere sul posto. Una distanza davvero troppa lunga e ben al di sopra dei famosi “venti primi” che, per legge, i mezzi di soccorso devono impiegare per portarsi sui luoghi in cui prestare soccorso. Per “venti primi” si intendono esattamente venti minuti, ma un mezzo dei Vigili del Fuoco per giungere a Nicotera, a Limbadi, a San Calogero, Rombiolo (e rispettive frazioni) impiega molto di più, anche perchè stiamo parlando di una traiettoria caratterizzata da una lunga serie di tornanti, che prevede ovvi rallentamenti, anche in virtù del fatto che, come precisato dal Comandante dei VdF a Francesco Tripaldi, un mezzo carico d’acqua rischia di ribaltarsi oltre una certa velocità, quindi la prudenza è d’obbligo, mentre minuti preziosi trascorrono divorati dalle fiamme.

Si precisa con forza che l’intervento e il lavoro dei Vigili del Fuoco è stato più che lodevole e oggetto di questa riflessione non è certo il loro operato, sempre encomiabile. Quello che invece merita di essere messa in discussione è la logica che anima certe scelte, evidentemente politiche, per cui un territorio vasto e popoloso viene lasciato completamente sguarnito da presidi di soccorso e di sicurezza. E pensare che la città di Nicotera dagli anni Novanta è stata munita di una sede COM, che, per decreto ministeriale, doveva essere adibita a punto di un distaccamento dei Vigili del Fuoco. Ma tale dislocazione non è mai stata inaugurata perchè mancava una semplice autorimessa per i mezzi. Struttura, questa, che doveva essere realizzata ad opera del Comune di Nicotera e il cui costo si aggirava intorno alle cinquanta mila euro. Ma l’ente costiero non ha mai voluto, o saputo, cogliere l’occasione di dare un presidio di sicurezza alla città e allo stato attuale la sede Com è diventata la segreteria della scuola elementare.

Ci consola il fatto che non sia diventata il campeggio per il bivacco delle galline o per le scorribande dei topi, come è accaduto per altre strutture comunali. E mentre l’ente costiero procrastinava, la vicina Ricadi, a cui intanto la politica regionale strizzava un occhiolino, in quattro e quattr’otto preparava la sua sede Com e faceva richiesta al Ministero dell’Interno di poter aprire una base distaccata dei Vigili del Fuoco. Richiesta accordata, e nel giugno del 2020 nasce la sede distaccata dei Vigili del Fuoco di Ricadi. A presenziare all’inaugurazione, tra gli altri, l’onorevole Dalida Nesci, all’epoca Sottosegretaria per il Sud e la Coesione territoriale. Ma non solo. Nel luglio del 2021, la sede incrementa il suo organico con ulteriori 28 unità.
Ora, posto che l’apertura di un nuovo presidio di soccorso e sicurezza è sempre un bene per la collettività, ma non si può sottacere il fatto che l’enorme territorio nicoterese rimane ancora una volta privo di un avamposto di emergenza urgenza. E parliamo di un territorio, oltre che vasto, caratterizzato da grandi distese di vegetazione incolta; di un reticolo di fiumane e di fossi che in caso di forti piogge, tracimano e travolgono ciò che trovano sul loro percorso, in genere centri abitati; un territorio che ha avuto la peggio nella terribile alluvione del 18 giugno (di cui sta vivendo ancora i postumi).

Un territorio conosciuto alle cronache per i suoi incendi, a volte di natura dolosa, come quello che ha colpito l’isola ecologica il 28 settembre del 2018; o il rogo delle auto in via Palmintieri il 26 novembre del 2015, mentre nel febbraio del 2020, per cause accidentali, due abitazioni in pieno centro abitato sono state distrutte dalle fiamme. E come non catalogare in questo tristo bollettino gli incendi nella pineta di Nicotera Marina che, con cadenza annuale, ogni estate divorano i pini che si affacciano sulla spiaggia. Il tempo impiegato dai soccorsi per giungere a Nicotera è un tempo che gioca tutto a favore del fuoco che inghiotte con avidità ciò che trova sul suo percorso.

E allora non è raro vedere volontari dei Vigili del Fuoco pronti a fronteggiare le fiamme, benchè sguarniti di misure di sicurezza, come nell’estate del 2018, il 3 agosto, precisamente: un auto in fiamme nel cuore del paese.
Ci si adatta come si può, a queste latitudini. Perchè oltre al distaccamento dei VdF qui manca un presidio del 118, altro tarlo che affligge la città e il suo ampio entourage, e questa è un’altra contorta, drammatica storia.
La sensazione è che questo ampio e travagliato territorio debba essere sempre più deprivato e desolato, forse come la Miel, quel disgraziato villaggio al confine tra Colombia e Panama, perennemente pattugliato, in incognito, dai soldati di due gruppi rivali. Ad altro non saprei paragonare questo regno emarginato, irto di rebus da decriptare, ma fondato su una ferra logica politico-sociale inimmaginabile, per i profani.
Enza Dell’Acqua