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“Per essere credibili bisogna essere ammazzati, come mai lei è ancora vivo?”. Quando nel programma di Corrado Augias Giovanni Falcone veniva ferocemente attaccato.
“Per essere credibili bisogna essere ammazzati, come mai lei è ancora vivo?”. Quando nel programma di Corrado Augias Giovanni Falcone veniva ferocemente attaccato.
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Cronaca

“Per essere credibili bisogna essere ammazzati, come mai lei è ancora vivo?”. Quando nel programma di Corrado Augias Giovanni Falcone veniva ferocemente attaccato.

Gennaio 26th, 2021 Oreste Tarantino Cronaca, Nicotera

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La puntata di Telefono giallo del 12 gennaio 1992 dove Giovanni Falcone fu messo sotto accusa da Augias e dagli ospiti in studio. Lo si accusava, tra le altre cose, di essere poco credibile nella lotta alla mafia perchè era, incredibile ma vero, ancora vivo. Ma da lì a pochi mesi il giudice sarebbe stato assassinato nel noto attentato dinamitardo di Capaci.

di ORESTE TARANTINO

Oggi racconteremo una pagina epica del giornalismo televisivo di sinistra.
Quando spiego che chi vota PD è cretino, idiota senza possibilità di recupero, lo dico perchè, nonostante tutto, nonostante le prove, i filmati, le testimonianze, il votante piddino è certo della sua stereotipata supremazia morale. Questa è un’intervista famosa, siamo a gennaio del 1992, a maggio, appena 4 mesi dopo, Giovanni Falcone sarebbe saltato in aria a Capaci.

Il giudice Giovanni Falcone, assassinato dalla mafia il 23 maggio del 1992

É una puntata di “Telefono giallo” su RAI 3, in studio a dirigere uno dei campioni mondiali del leccaculismo ai poteri planetari che contano davvero, Corrado Augias che, a commento del libro scritto da Falcone, assieme alla giornalista Michelle Padovani su “cosa nostra” chiede con disprezzo:
“perchè un giudice deve scrivere un libro, non sarebbe meglio che un giudice operasse secondo giustizia e tacesse?“,
e aggiunge: “l’avevamo un po’ mitizzata, Lei lo sa che ci ha deluso? Se ne rende conto?”.

La trasmissione Telefono Giallo, condotta da Corrado Augias, è andata in onda su Raitre dal 29 settembre 1983 all’8 dicembre 1992

Falcone aveva deluso Augias, se ne sarebbe andato con questa piaga nel cuore. Ma il capolavoro arriva al minuto 5.00 del video. In studio, per dare la parvenza che la sinistra è il solito crogiolo di menti giovani impegnate nel sociale,Augias dà spazio ad alcune svampite “escort”, per dirla con Fieldman, dunque parola ormai dichiaratamente non offensiva, anche se “puttanelle” suonerebbe con il giusto tenore lessicale, ad arringare contro Falcone, colpevole di non voler dare l’affondo decisivo ai politici della Prima Repubblica, come invece stavano facendo gli eroici Giudici di Milano del Pool di Mani Pulite, che tanto piacevano ad Augias e alla nomenklatura PDS che, da lì in avanti, avrebbe preso il potere in Italia. La neo-liberal-democratica (di cui non si conosce il nome), prende il microfono e fa la domanda, pietra miliare del giornalismo che conta, la storia della televisione culturale, progressista e radical chic italiana, testualmente chiede a Falcone:
“Lei dice nel libro: ”in Sicilia si muore perchè si è soli”. Giacchè, fortunatamente Lei è ancora tra noi, chi la protegge?”.
Gelo in studio, Giovanni Falcone risponde quasi ridendo:
“Questo significa che per essere credibili bisogna essere ammazzati?”.
I sapientoni in studio, approvando sorridenti la culturale provocazione, prendono la difesa d’ufficio della ragazza, peggiorando la situazione.
Ora immaginate quella povera escort progressista impegnata, cosa avrà dovuto passare, 4 mesi dopo, quando ha visto le immagini che arrivavano da Capaci. Cosa avrà pensato?

L’ospite in studio che ha rimproverato a Falcone di essere “ancora tra noi”.

Spero che non le sia passata per la testa l’idea di prendere una corda ed emulare Giuda, semmai mi auguro con tutto il cuore che abbia chiamato Corrado Augias e, con tutta la sobrietà radical chic che aveva in corpo, gli abbia detto: “Bastasu, affanculu tu, ddha buttanazza i to mamma chi ti cacau e ddhu grandissimu cornutuni i to patri chi ti crisciu...”
Ecco, io credo che un apprezzamento di questo tenore, Corradino Augias se lo sarebbe ampiamente meritato.

LA SINISTRA OCCIDENTALE E IL MITO DELLA SUA PRESUNTA SUPREMAZIA CULTURALE

L’America di Trump prima e Biden oggi è un’America divisa in due.
Una sempre più minoritaria, elitaria, colta, informatica, quella danarosa, che si aggrega iperprotetta nei centri cittadini delle metropoli; l’altra, invece, sempre più ampia, rurale, delle periferie, quella che ogni giorno soffre la povertà senza scampo.

Donald Trump, presidente repubblicano uscente, a destra Joe Biden, attuale presidente degli Stati Uniti, espressione del Partito Democratico.

Nell’immaginario collettivo l’elite dovrebbe essere quella rappresentata dai Repubblicani e, soprattutto, da un magnate multimilionario come Trump, mentre quella povera dovrebbe appoggiarsi al partito democratico, quello che fu di Martin Luther King,  Kennedy, e dal Nobel per la pace Jimmy Carter.
Invece no, da Clinton in poi, non è più così. I simboli politici del potere americano si sono invertiti.

LA SINISTRA ITALIANA CLONE DELLA SINISTRA AMERICANA (DEI SUPER MAGNATI)

La cosa è palpabile, specialmente per noi italiani. Infatti siamo l’unico paese al mondo ad averne copiato il potere assoluto, e ad averlo chiamato alla stessa maniera: PD.
Il PD (Partito Democratico) esiste solo in due paesi al mondo USA e ITALIA, non ci sono altri Stati che hanno questo simbolo.
Ma non è solo una singolare coincidenza di nome, i democratici americani e italiani si comportano esattamente alla stessa maniera, hanno identici stili di vita, dicono le stesse parole, ridono con le stesse battute, hanno gli stessi gusti culturali, culinari, musicali.

Quattro tipici intellettuali della sinistra italiana, animati dal mito della loro superiorità culturale. Da sinistra: Michele Serra, Roberto Saviano, Michela Murgia e Christian Raimo (foto Il fatto quotidiano)

Alla stessa maniera disprezzano gli altri, quelli che non votano PD. Li ritengono inferiori, criminali, finanche complottisti e medievali. Per loro, dare la possibilità di voto a certi bifolchi che non hanno nessuna intenzione di migliorare, è una cosa che li fa sentire, seppur disgustati, attenti ai valori della Costituzione. Insomma, per loro è giusto che anche i neolitici possano votare.
Io, mi scuserete la franchezza, sono un povero populista. Che ci volete fare, questo sono. E la colpa, purtroppo, è del fatto che la storia la conosco, perché l’ho studiata sui libri e perché, quella vissuta nella mia epoca, non mi scivola di dosso.

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