di ENZA DELL’ACQUA
“Io su picciotta di malavita
appartegnu alla società
si la società mi impone, cu u pugnali e u bastone
fazzu canusceri e corognone ca t’amparu comu s’agiscia“
Teresa Merante in “La società”.

Non nascondeva il suo entusiasmo il sindaco di Nicotera, Giuseppe Marasco, nell’annunciare su Facebook, il 21 dicembre scorso, la presenza nella città medmea della cantante Teresa Merante. Nei giorni seguenti, a più riprese, Marasco ricorda ai suoi follower la presenza in città della cantante folk, ribadendo che l’artista aveva scelto proprio Nicotera per il suo ultimo imperdibile video della canzone in uscita proprio in questi giorni dal titolo “Bon Capudannu”.
L’euforia del sindaco nel comunicare la presenza a Nicotera di una “nota cantante” per un attimo ha fatto pensare potesse trattarsi di Mariah Carey o Alicia Keys. Si trattava invece di una cantante calabrese, originaria di Simeri Crichi, le cui canzoni si inseriscono in quel genere comunemente definito etno-folk. Il nucleo tematico dei suoi testi sono però la malavita e i malandrini; più precisamente gli uomini d’onore, di cui vengono decantate le gesta. Non mancano le invettive contro i collaboratori di giustizia, definiti, attingendo ad uno slang tipicamente mafioso, “infami”; ma ce n’è anche per Polizia e Carabinieri.

APOLOGIA DELLA NDRANGHETA
La Merante canta, insomma, canzoni di ndrangheta; i suoi testi, accorati e pieni di pathos nel raccontare le vite di latitanti e super boss, come Totò Riina, l’indiscusso “capo dei capi” di Cosa nostra, sconfinano facilmente in quella che si potrebbe definire apologia della ndrangheta. Panegirici, incensamenti e storie di malandrini, delle loro vite all’insegna del crimine, del disprezzo delle leggi e dell’ossequioso rispetto delle regole della “Società”, che come una grande madre li sovrasta e li nutre di principi, codici e morali attinti da una cultura mafiosa dura a morire.
Inutile sottolineare che le azioni feroci e delinquenziali dei mafiosi sono raccontate con piglio romantico, quasi edificante. Gli affiliati, nelle canzoni della Merante, sono dei campioni, dei martiri, spesso perseguitati dagli “infami”, cioè i collaboratori di giustizia e le Forze dell’ordine.
IL SINDACO ACCOGLIE A NICOTERA LA POETESSA DEI MALANDRINI
Ma degli encomi ai malandrini, a dire il vero, non se ne sente la mancanza a Nicotera, una città che avrebbe invece bisogno di emanciparsi dal giogo della ndrangheta. Un comune per tre volte sciolto per mafia, spesso balzato agli onori della cronaca a causa di fatti connessi con le logiche e l’arroganza mafiosa, paradossalmente promuove la verseggiatrice del magnificat ai malandrini. A più riprese il sindaco Giuseppe Marasco annuncia sulla sua pagina Facebook la presenza a Nicotera di Teresa Merante; lo fa con prosopopea, il 21, dicevamo, e poi, anche il 23. Come dimostrano gli screen allegati a questo articolo.
Il 25 dicembre, Natale, come regalo alla città, è il consigliere Giuseppe Leone, con delega alla Cultura, a condividere un post della Merante che pubblica il backstage del suo ultimo videoclip girato a Nicotera. La cantante invita tutti a ricoprirla di like e commenti per poter visualizzare il suo ultimo lavoro, in cui non mancato gli auguri di buon anno “a tutti i carcerati”.

Ieri, 2 gennaio, la cantastorie dei malandrini annuncia che il suo video ha raggiunto 85.000 visualizzazioni in otto giorni; l’obiettivo è arrivare a 100.000. Il diktat è la condivisione di massa. Ad apertura del video si vede il sindaco di Nicotera Giuseppe Marasco che brinda felice con la Merante.

Lo scorso settembre il procuratore Nicola Gratteri, in compagnia dello stato maggiore delle Forze dell’ordine e dei Carabinieri, era stato a Nicotera in occasione della riapertura dell’attività di Carmine Zappia, il coraggioso imprenditore che ha avuto la forza di denunciare i suoi taglieggiatori, al cui vertice, secondo le risultanze investigative, vi era il boss Antonio Mancuso e il nipote di questi, Alfonso Cicerone.

Quelle presenze, quelle parole, il coraggio di Carmine, avrebbero dovuto rappresentare la svolta per Nicotera, un invito alla ripartenza cominciando dalla cultura della legalità. Invece, a distanza di tre mesi, la cultura istituzionalmente promossa a Nicotera è quella mafiosa.
LE CANZONI
Ecco uno stralcio di “Il capo dei capi“, il pezzo dedicato al boss della mafia Totò Riina:
“tante persone lui ha ammazzato dei pentiti non si è scordato, anche Buscetta tra questi c’era uomo d’onore lui non lo era, e il bastardo dell’ex amico li va a cercare i ogni vico e lo sbirro il traditore faceva l’amico e il traditore faceva l’amico e pure l’attore, due giudici gli erano contro e arrivò per loro il giorno, li fece uccidere senza pietà ed ea questa la realtà, lui da tutti era rispettato c’era di mezzo pure lo stato tutti onore gli hanno portato e zu Totò veniva chiamato, questa è la storia du zi Totò”.

Nel testo, come si può leggere, alle invettive contro il collaboratore di Giustizia, Tommaso Buscetta, si menzionano anche i due giudici che “gli erano contro“, e “arrivò per loro il giorno“. Il riferimento è chiaramente a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fatti uccidere barbaramente da Riina. La Merante sottolinea che il boss di Corleone godeva di onore e rispetto, anche da parte dello Stato.
TOTO’ U CURTU
DALL’ALBUM “PE’ L’AMICI CARCERATI”
“a lucciardoni tutti u rispettaru, e fu assoltu puru a Catanzaru, e l’Asinara iddu è statu puru ha fattu i carciri piu duri, Totò u curtu era chiamatu ma i tutti quanti era u chiu temutu“.

PENTITI E MPAMITA’
Qui troviamo delle invettive contro i collaboratori di giustizia e la promessa della vendetta. Ce n’è anche per “gli sbirri infami“.

“Per curpa i nu pentitu assai crudele chi vozza confessari e moni eni liberu e cuntenti ma appena nesciu i cca vaiu e l’affruntu, o sbirri infami, avvocati maledetti aviti a cridiri a li fatti e mai a li paroli di pentiti, pecchì non sugnu omini e vi lu dicu e pentiti hanno i fari na brutta fina, non hanno né sostanza nè dignità, canuscinu sulu a leggi da mpamità, mentri era a confessari tanti bugie iddu raccontava, u sapia ca ormai era destinatu, pe l’atru mundu iddu era signatu, a società è na longa catina chi chiù si allonga e chiù coraggiu duna, ma si nta società c’è nu pentitu diventa a vita nu toi nemicu, ma prima o poi nesci e sti mura e pimmu cercu a tia traditura, picchi cu orgoglio mi fazzu a galera, caro pentito tu t’hai ricordari u fiuri senza a simenta è comu l’omu senza a sostanza, e tu cu tutti i pentimenti toi dimostrati a tutti ca omu non fusti mai“
U CARCERATU
Il carcere, secondo una vulgata tipica della cultura mafiosa, è una vera e propria palestra per l’affiliato; dal regime detentivo ne uscirà più forte, in quanto all’interno di quelle mura si consuma una forma di iniziazione al crimine. Il protagonista della canzone promette inoltre di vendicarsi una volta conclusa la restrizione.
“Cu atri du persuni si nta to cella, Ti portanu rispettu e fedeltà picchi su comu a tia chini dignità, a galera ti trasforma in omu forti, si di sta cela mi tiri fora fazzu vendetta e vu dicu cu cora“.
SPARATE A TUTTA FORZA SULLA POLIZIA
U latitanti

Questo brano invece racconta la storia, con accenti romantici e strappalacrime, del latitante Rocco Castiglione, figlio di Vito Castiglione, considerato dalla DDA un elemento di spicco delle cosche del crotonese.
“Si non sapiti comu si po fari u lati e stari subba e munti e pregri tutti i santi. Li lupi quandu è d’ura comincianu a gridare na, luci vascia vascia comincia a lampeggiari, fujiti giovanotti chista è la polizia sparati a tutta forza a sta brutta cumpagnia”.
NOTTI DI PAURA
Notte di paura è il resoconto del barbaro omicidio di un collaboratore di giustizia da parte di un affiliato. A lui i suoi capi hanno impartito l’ordine di farlo fuori, perchè”Chista è a fini di l’impami e di cui non vali nenti“
NOTTI DI PAURA
“Quandu ncuntru la so facci scatta a molla du cuteju
E fatti avanti e cacciati la giacca
Lu me cuteddu voli la to faccia
Finisti mo mu ti comporti i mpamu
L’amici t’affidaru a la mia manu
Lu cutedu trasi nto so fiancu
Si grida nta lu cori di la notti
Aundi i mpami trovanu la morti
E lu viu mentri cadi
Mentri isa l’occhi o cielo
Mentri ancora la me manu sta stringendu lu cutedu
Chista è a fini di l’impami e di cui non vali nenti
Caminu nta la strada a passu chinu
Lu passu forti di u mandrinu”.