Il primo dicembre scorso sulla pagina Facebook del sindaco di Nicotera, Giuseppe Marasco, appare una foto che ritrae una donna con un ragazzo, nei pressi del percorso conosciuto come “dietro il castello”. I due procedevano verso viale Luigi Razza. Il ragazzo cammina avanti, indossa la mascherina. La donna, poco dietro, senza mascherina. La foto è stata fatta ad insaputa delle persone in questione, le quali ignoravano che nei pressi di un negozio, dall’altra parte della strada, c’era una donna che senza autorizzazione alcuna effettuava lo scatto con il suo cellulare. Uno scatto rubato, dunque, effettuato con uno scopo ben preciso, quello di dimostrare pubblicamente che la donna nella foto non indossava la mascherina. E così è stato. Dopo poche ore il sindaco Giuseppe Marasco, ricevuta la foto dall’improvvisata paparazza, pubblica lo scatto sulla sua pagina Facebook, usata dallo stesso esclusivamente come canale istituzionale per comunicare con i cittadini. La cosa da comunicare quel pomeriggio era che la donna non indossava la mascherina.
Ma perché il sindaco sente la necessità di rendere pubblico uno scatto privato, commettendo di fatto un reato, esponendo al pubblico ludibrio due persone che percorrevano ignare di tutto un tratto di paese? Per capire il perché dobbiamo chiarire lo scenario dove è maturato questa incredibile vicenda. La donna senza mascherina ritratta in foto è la giornalista Enza Dell’Acqua, il ragazzo che cammina poco più avanti è suo figlio.
Ecco l’antefatto. La giornalista qualche tempo fa aveva sottolineato l’incoerenza del sindaco Marasco che tuonava contro chi non rispettava le regole anticovid, in primis non indossando la mascherina, quando egli dava un pessimo esempio alla cittadinanza facendosi vedere in giro sprovvisto di protezione su naso e bocca. Un affronto che evidentemente Giuseppe Marasco non ha potuto perdonare e così, pur di togliersi il sassolino dalla scarpa, ha commesso il grave illecito di esporre alla pubblica attenzione dei suoi scatenati followers la foto rubata della giornalista e di suo figlio, un ragazzo “speciale” che non potrebbe difendersi adeguatamente. La foto è accompagnata dalla didascalia “È più facile fare il “censore” che rispettare le regole”. Inutile dire che l’immagine esposta sulla bacheca del sindaco a favore dei suoi seguaci, tutti noti esponenti della sottocultura nicoterese, ha scatenato la loro squallida euforia, tirando fuori il bulletto di paese che si annida in ognuno di essi, dandogli la possibilità di commentare e sghignazzare, senza comprendere che ci si trovava davanti a una violazione della legge, all’esposizione mediatica di due persone ignare di essere state fotografate e che non hanno autorizzato il sindaco a pubblicare tale scatto. È stato come mettere il bersaglio sulla giornalista e, quel che peggio, sul ragazzo, esponendolo anche a rischio di dispetti e ritorsioni. Il tutto acquista un tono ancora più plumbeo se si pensa che ad effettuare la foto è stata una signora, accanita sostenitrice e amica del sindaco, che spesso si cimenta anche nel ruolo di portavoce dello stesso, già condannata per minacce, e che attualmente è sotto processo per diffamazione aggravata a mezzo stampa nei confronti della giornalista in questione. Ad aggiungere squallore allo squallore c’è il fatto, non secondario, che la donna, è anche cognata di un boss di ndrangheta, attualmente ristretto in carcere. Questi i fatti.
Rimane da chiedersi se un sindaco può dare questo genere di esempio ai cittadini che rappresenta; se è normale che in un paese che vuole dirsi civile ci sia un primo cittadino che detiene una condotta da feroce bulletto della scuola media; un sindaco che crea le schedature pubbliche nei confronti di una giornalista e di suo figlio per permettere alla sottocultura mafiosa di scatenarsi in sghignazzi ed improperi, in una sorta di rito collettivo di lapidazione, non con le pietre ma con le parole, che possono fare più male delle pietre.
Questo è ciò che il sindaco di Nicotera insegna alla comunità che dovrebbe rappresentare? Questo è capace di fare a un ragazzo incapace di difendersi adeguatamente? E se questo ragazzo fosse stato il figlio di un mafioso, avrebbe reso pubblica quella foto, e i lapidatori, da parte loro, si sarebbero scatenati? Domande che contengono già in sé la risposta. Sembra di capire che ispiratori di Giuseppe Marasco sia proprio questo genere di elementi, come la signora autrice dello scatto, cosa inconcepibile a tutte le latitudini, a maggior ragione per un comune sciolto tre volte per infiltrazioni mafiose.
La giornalista ha già esposto denuncia per i reati connessi, notiziando inoltre i Carabinieri sulle opere e missioni del soggetto che ha fornito la foto, e delle discutibili muse ispiratrici del sindaco di questo paese.
La città di Nicotera si sta dirigendo verso una pericolosa deriva culturale e morale. Il timoniere che dovrebbe condurre la città verso porti sicuri, verso crescita culturale ed innovazione, la spinge invece verso un deserto della morale e della cultura. Il sindaco è privo di grammatica istituzionale, è chiaro. Non si rende conto che il suo ruolo, oltre che politico, è anche pedagogico; che le sue azioni hanno una funzione educativa; che dalla sua condotta qualcuno può trarre insegnamento. Non può, da primo cittadino, far credere ai suoi polli che violare le leggi sulla privacy e la dignità delle persone sia una cosa semplice e fattibile come un click. Un sindaco deve rappresentare ed esercitare la legalità. Invece a Nicotera è toccato in sorte un sindaco che rappresenta ed esercita non solo la violazione delle leggi, ma anche l’indecenza e il bullismo. Non ha chiaro in mente di rappresentare un’intera comunità, e che deve ricoprire il ruolo affidatogli dai cittadini con “disciplina e onore”. Non sa, il sindaco, che è la Costituzione a pretenderlo, esattamente l’articolo 54: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
Egli crede che la riconferma del suo potere (effimero, ma non sa neanche questo) sia ratificato dagli schiamazzi e dai belati dei suoi gregari, dalle continue litanie glorificanti degli apostoli della beata asinità che gli ronzano intorno senza sosta, in attesa che una briciola sazi la loro eterna fame di elemosine. Sullo sfondo di questo triste scenario c’è una città avvolta in una ignoranza abissale; le iniziative culturali non esistono, nè si intravedono all’orizzonte, nè, d’altra parte, potrebbe concepirle l’attuale compagine amministrativa, il cui livello di preparazione e cultura è notoriamente sotto il livello della media.
E mentre il sindaco ubriaca i corifei con 20 mila euro di luci natalizie, e la gente è intenta ad ammirarle come i selvaggi raccontati da Lèvi-Strauss che scoprono l’accendino, nelle stanze del Comune prendono vita gli illeciti:
il concorso truccato per geometri (un concorso farsa per un posto già riservato al figlio di un dipendente comunale);
la seconda traversa Foschea lasciata colpevolmente priva di segnaletica, forse perchè lì vi abitano i parenti di un boss di ndrangheta?
I controllori dei concorsi pubblici che sono controllati da se stessi;
le raffiche di affidi diretti;
i sub appalti per i lavori pubblici milionari;
e tanto altro ancora.
Ma intanto l’importante è mettere alla gogna chi non può difendersi. Con il benestare del pubblico belante, e di uno sfasciume culturale irrecuperabile, culla di tutte le mafie.
