di ORESTE TARANTINO
La Calabria rappresentata da Muccino è anacronistica nei costumi e totalmente irreale. Chi vive in Calabria sa benissimo qual è il tragicomico stato dell’arte: la regione è invivibile a parte pochissimi e piccoli territori.
E neanche c’entra un fico secco se chi governa è di destra o di sinistra, se c’è o non c’è il covid, se piove o viene il sole e altra evenienza positiva o negativa che sia.
No, in Calabria si vive mediamente male. Non c’è lavoro, non ci sono servizi, niente scuole, niente sport.
Degrado, spazzatura a cumuli, strade post bombardamento aereo, cantieri che durano decenni, criminalità, istituzioni al tracollo.
Una regione per vecchi dove i giovani scappano, sia quelli con soldi che vanno a studiare e a laurearsi da un’altra parte migliore e civile, sia quelli senza soldi che cercano lavoro negli stessi luoghi dei loro amici più fortunati.

Poi ci sono quelli di ancor più buona volontà, che si trasferiscono per poter lavorare e mantenersi gli studi, perché solo al nord si può fare, lo fanno anche quelli che vivono di fronte all’Università di Messina e che non hanno mezzi.
Ed è vero: ne so qualcosa personalmente, e non azzardatevi nemmeno a dire che a Reggio Calabria, Messina, Cosenza e Catanzaro, giusto per citare le città universitarie più vicine, si potrebbe fare lo stesso.
Rimane chi si accontenta, ovvero con il lavoro precarissimo e sottopagato, oppure chi si iscrive a corsi di laurea senza futuro e aperti a tutti, per esempio va di moda Marketing e Comunicazione, costa poco e ti danno pure un incentivo se hai l’ISEE in regola.
Infatti, poi sono il marketing e la comunicazione che ci fregano di brutto, tant’è che hanno dovuto dare quasi 2 milioni di euro a Muccino e Raul Bova (calabrese de Roma), per fare un filmino che qualunque giovanotto moderno avrebbe realizzato con uno smartphone e un’app copia e incolla.
Mi viene in mente la pubblicità della Birra Messina. Grande impatto pubblicitario, il nome che rievoca antichissime e divine tradizioni “Cristalli di Sale”, il regista di Caltagirone che si chiama Messina di cognome, gli attori anch’essi siciliani che potrebbero parlare il proprio dialetto ma che invece sono doppiati in un improponibile siciliano modernizzato, giusto per vendere una birra che di messinese non ha più niente.
Bretelle, coppole, stivali, cartuccere e doppiette a tracolla, somari, ceste di vimini, tramonti africani, et cetera. Ma quando mai… la birra Messina, sapevatelo, appartiene ad una multinazionale olandese ed è prodotta a Massafra, come del resto la pari esotica e isolana Ichnusa, la Moretti e tante altre birre.
Non so se si mette pure sale grosso nella produzione, ma certamente non sono cristalli, non lo spedisce Giove in persona e non ha il tocco magico di nessun’altra divinità aliena.

A questo punto preferisco la Peroni che, alla fine, è finita in mani giapponesi, popolo che mi è più simpatico dei razzisti olandesi, non fosse altro per il ditino puntato, da perfetti strozzini, nel richiedere il condizionamento sui prestiti usurai europei.
Ma torniamo alla Calabria. A Gioia Tauro, l’altro ieri, sono volate le botte nel consiglio comunale. Un pestaggio in piena regola quello avvenuto nell’aula del Consiglio, di fronte al Sindaco e tutti gli altri, per mano di un ex assessore contro un consigliere dello stesso partito. Poi la cosa è finita in denuncia.
Un’amministrazione allo sbando, una città che non è in grado di riscattarsi né moralmente, né economicamente e, nonostante l’elevatissima capacità produttiva (ricordiamo che a Gioia Tauro si costruisce il 50% del PIL privato di tutta la Regione), non riesce neanche a eleggere amministratori in grado di far valere la propria forza e rappresentare le istanze di una città ormai allo sbando assoluto.
Non ho idea cosa abbia voluto far capire Muccino nel suo cortometraggio; quale messaggio da indirizzare al mondo abbia appaltato la Regione e la compianta Governatrice, non lo so. Certo è che la situazione reale di Gioia Tauro non è quella ingannevole e cinematografica di Muccino e Raul Bova.