di ENZA DELL’ACQUA
L’odore della fogna non smette mai di aggredire le narici. Il caldo non ha fatto altro che aggravare la situazione. Un’intera area cittadina, il quartiere di via Foschea, in pieno centro, compresa l’arteria principale dove insistono numerosi esercizi commerciali, è interessata da una criticità che attenta alla salute dei cittadini oltre che al decoro del popoloso quartiere.

I miasmi provengono da un canale che convoglia le acque del Santa Barbara, proprio all’ingresso della prima traversa Foschea. Gli effluvi trasportati dal vento si infilano nelle case e nei negozi: conviverci è davvero difficile. Una grata sull’asfalto, privata di alcune barre di ferro, completa l’opera. Un pedone potrebbe cascarci dentro e farsi molto male. Evenienza tutt’altro che improbabile, visto che la zona è particolarmente trafficata, essendo la più importante arteria cittadina, piena di negozi e un via vai continuo di gente.

Ma queste circostanze non di poco conto, unitamente alle vibranti proteste dei cittadini, finora non hanno smosso di una virgola gli inquilini di palazzo Convento che continuano a fare orecchie da mercante.
Contropotere ha già avuto modo di sottolineare che il grado di civiltà di una città non si misura da un ombrellino colorato o da un pitaro(1) dietro al castello, ma dalla qualità della vita e dal decoro in cui i cittadini vivono. Costringere le persone a vivere a stretto contatto con la fogna è il segno di una mala amministrazione, e nessun fiorellino potrà mai far dimenticare la puzza che infesta la via.
Le origini del problema.
Il Santa Barbara si origina in contrada Piraino, in un’area, cioè, poco sotto il cimitero. É un fosso naturale in cui da secoli convergono le acque piovane e quelle per l’irrigazione delle grandi distese di campagne che caratterizzano la zona. Più recentemente tale fosso è oggetto di sversamenti abusivi, d’ogni genere, compresi i rifiuti derivanti dai frantoi.
Ma la grande insidia che nasconde il Santa Barbara è stata delineata all’indomani dell’alluvione del giugno del 2018 dalla Protezione Civile e dai tecnici della Regione, sopraggiunti sul luogo per un’ispezione.

I periti poterono agevolmente individuare nel Santa Barbara la causa di quell’allagamento straordinario che invase tutto il quartiere, o, per meglio dire, nella costruzione selvaggia e abusiva ai bordi del fosso e, addirittura, dentro il fosso. Ancora una volta, insomma, la matrice di tutto andava individuata nella cementificazione selvaggia sottoscritta e autorizzata dal Comune di Nicotera.
Negli anni Novanta, infatti, dall’ufficio tecnico dell’ente partì una delibera che permetteva a chiunque lo richiedesse di costruire liberamente dentro e fuori dal fosso, calpestando le più elementari norme anti dissesto idrogeologico. Un abusivismo istituzionalizzato, un “liberi tutti” di cui adesso piangiamo le conseguenze. Il Santa Barbara è stato chiuso, mutilato, deviato. Si sono poste, insomma, le basi di un disastro, anche in virtù dei radicali cambiamenti climatici che da qualche anno causano piogge torrenziali da clima tropicale. Il fosso, che apre il suo varco nella pendenza naturale del territorio, attraversa via Barriera, scava una breccia sotto il livello della strada, per poi uscire allo scoperto nel canale incriminato di via Foschea. Il suo percorso si immette ancora una volta sotto il livello della strada per ritornare visibile, nella parte finale del quartiere, quello che confina con la cosiddetta località Vasia, da qui continua la sua corsa in pendenza fino a sfociare nel San Giovanni che a sua volta confluisce in mare.
Che l’urbanizzazione selvaggia di un cinquantennio fa abbia permesso che si edificasse anche ai bordi di canali naturali, non autorizza nessun amministratore a non raccogliere il grido d’aiuto dei cittadini che attendono che si corra velocemente ai ripari, perché la situazione è diventata insostenibile.
(1)http://contropotere.it/2020/08/02/118-a-nicotera-la-guerra-dei-pitari/